C’è stato un momento, non troppo lontano, in cui sono stata davanti a un bivio. Di quelli che si presentano senza preavviso, nei momenti più impensabili della vita. La mia carriera, che un tempo amavo, era diventata una routine, quasi meccanica.
Ogni mattina, tra il profumo del caffè e il suono del silenzio, una domanda mi sussurrava: “E se provassi qualcosa di nuovo? E se finalmente osassi?”
Ma la risposta arrivava subito, rapida e implacabile, come un’ombra familiare: “E se andasse male?”
Ogni volta che qualcosa mi entusiasmava, che sentivo il desiderio di mettermi in gioco, ecco che la voce del dubbio prendeva il sopravvento. La paura del fallimento, del giudizio, del cambiamento, mi fermava. E così, le idee venivano rinchiuse nel cassetto dei “forse un giorno”.
Nei mesi successivi, quella voce, quella resistenza invisibile, ho imparato a riconoscerla. L’ho chiamata autosabotaggio.
Poi un giorno mi è capitato tra le mani La guerra dell’arte di Steven Pressfield, scorro le pagine e boom:
“Il nemico più grande che un artista possa affrontare non è la critica, ma la sua stessa resistenza. È il nostro sabotatore interiore.”
Il vero nemico non era fuori, ma dentro la mia testa.
Ora so bene che l’autosabotaggio è una forza subdola, che si camuffa da prudenza o da realismo. Ma è, in realtà, un freno che ti impedisce di realizzare il tuo vero potenziale.
Inizialmente, lo giustifichi con la scusa che “non è il momento giusto” o che “forse è troppo rischioso“. Ma ogni volta che lasci che quella voce prende il sopravvento, ti allontani da quella che potrebbe essere la tua vera realizzazione.
Così, un giorno, ho deciso di fermarmi. In realtà ho fermato proprio tutto. STOP.
Poi però ho agito, anche se con paura. Sana paura. Ho scelto di mettere in discussione le mie scuse, i miei limiti autoimposti. Ho cominciato a fare il primo passo, quello che temevo tanto, e mi sono accorta che andare avanti era sempre più facile. Ogni piccolo successo mi dimostrava che avevo ragione a non fermarmi.
Ho ricominciato a sentirmi viva. A nutrire quella sana frenesia per il mio lavoro.
Se avessi continuato a cedere alla paura, oggi probabilmente sarei ancora bloccata, a ripetermi che “non era il momento giusto”.
Anche se in tanti ci fanno credere il contrario, noi esseri umani siamo portati al cambiamento. Ed ogni cambiamento, quando è importante, porta con se delle incertezze. Ma sono quelle stesse incertezze a rendere ogni passo più significativo.
La libertà di agire, di provarci, è molto più preziosa della paura di fallire.
Chissà, forse anche tu stai affrontando il tuo momento di dubbio. Forse anche tu stai combattendo contro quel subdolo sabotatore.
E allora ti chiedo: se scegliessi di ignorarlo? Se invece di continuare a rimandare, decidessi di agire? Il “forse un giorno” non è sempre più lontano del “adesso”?
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