Confesso che quello di cui sto per parlare è un tema spinoso per un’addetta ai lavori. E come non potrebbe esserlo quando ci si addentra nel mondo dei pregiudizi? Dopotutto, anche Darth Vader ha iniziato con le migliori intenzioni prima di passare al lato oscuro.
Dal 2019 lavoro come libera professionista e, proprio in quell’anno, ho seguito il mio primo cliente nel campo del Personal Branding. La mia esperienza viene dal mondo aziendale, dove ho sempre adottato una logica focalizzata sulla strategia e sui risultati.
Ricordo che a quei tempi, il concetto di brand personale non era così centrale come lo è oggi e, infatti, perfino il mio approccio al Personal Branding era completamente diverso. Sicuramente meno consapevole.
Ed è proprio su questo che voglio soffermarmi, portando alla luce un aspetto spesso ignorato: il lato oscuro del Personal Branding.
#1. Il Personal Branding rende le persone meno umane
Una delle principali accuse che viene fatta al Personal Branding è che renda le persone meno autentiche e più robotiche, impedendo loro di esprimersi liberamente. Non poche volte mi è capitato di dibattere con professionisti sentendoli affermare che il Personal Branding standardizzasse le persone…mentre la logica è esattamente l’opposto.
Ma riflettiamo un attimo su questa affermazione. Per sviluppare (e non costruire) un buon personal brand, è necessario filtrare ciò che si comunica agli altri. Questo dovrebbe avvenire in modo naturale, man mano che si diventa consapevoli della gestione delle proprie risorse personali in funzione dei propri obiettivi.
In altre parole, se vuoi essere assunto, trovare collaboratori o ottenere nuove opportunità, devi trasmettere un’immagine coerente con le aspettative del tuo pubblico, così da generare fiducia e credibilità
Se fatto nel modo giusto, il Personal Branding non ti rende affatto robotico. Anzi, ti permette di esplorare meglio le tue capacità comunicative, evitando ad esempio di rovinare tutto con un comportamento fuori luogo o con un abbigliamento inadatto (e qui ne avrei da scrivere). Tutto dipende dall’equilibrio tra autenticità e comunicazione.
#2. Il Personal Branding è solo un trucco per nascondere i problemi di una persona
Partiamo dal presupposto che in un processo serio di Personal Branding non si cerca mai di mascherare i difetti; anche perchè se tenti di sviluppare un’’immagine” dissociata dalla tua reale identità ed essenza, il rischio di fallimento è elevato. Lo abbiamo visto accadere anche con le aziende – ricordi il Dieselgate in cui fu coinvolta Volkswagen? – e quando il bluff viene scoperto, il danno è enorme.
Un processo di Personal Branding efficace prevede due fasi chiave:
- Analisi strategica: il momento in cui l’individuo cerca l’aiuto di un professionista per sviluppare strategie di posizionamento del brand personale e della carriera. Qui avviene la raccolta di informazioni, la diagnosi, l’analisi e la definizione di un piano d’azione strategico. Con il giusto supporto professionale, questo processo può portare a risultati straordinari.
- Gestione quotidiana: una volta definita la strategia, tutto dipende dall’individuo. La gestione del brand personale è un processo continuo, che richiede consapevolezza e coerenza nelle azioni quotidiane. Non si tratta di scorciatoie, ma di costruire un percorso solido.
Questo significa forse diventare una persona perfetta?
No. Significa che i tuoi difetti, ovvero quelli che possono influire negativamente sul tuo personal brand, vengono chiariti e, se possibile, corretti. Gli altri, quelli che ti rendono un essere umano, continuano a esistere.
#3. Il Personal Branding serve solo per aumentare l’ego e ottenere like
Comprendo che molte persone associno il Personal Branding a una mera ricerca di visibilità e consensi sui social. Ma i social network sono solo una piccola parte dell’attività. Like, visibilità e follower sono certamente conseguenze positive, ma non l’obiettivo.
Il vero scopo è avere un mezzo per aiutarti a raggiungere i risultati giusti per la tua vita personale e professionale. E questo è difficile da ottenere restando anonimi. Tuttavia, non è indispensabile un’assidua presenza digitale: tutto dipende dal tuo settore, dal tuo profilo e dai tuoi obiettivi.
#4. Il Personal Branding è inutile se non sei in grado di generare risultati
Dubbio assolutamente legittimo e, in parte, vero. Un brand è una promessa. Ma ciò che le persone troveranno dall’altra parte del ponte (la promessa) dipende solo da te e dalla tua capacità di mantenere quella promessa.
Se non sai generare risultati o non sai cosa fare con la visibilità ottenuta, l’intero processo di Personal Branding potrebbe risultare inutile.
#5. Il Personal Branding è inutile perché a nessuno importa di te
È comune sentire frasi come “a nessuno importa di te”, usate per motivare all’azione. Il punto è che il Personal Branding non serve a far sì che le persone si preoccupino di te, ma a far sì che ti vedano come qualcuno capace di offrire valore.
In altre parole, non si tratta di te, ma di come puoi essere utile agli altri.
#6. Il Personal Branding serve solo per trovare lavoro (e a volte nemmeno quello)
Un altro mito è che il Personal Branding sia utile solo per ottenere un impiego. In realtà, il Personal Branding serve per creare un impatto duraturo e raggiungere risultati in molteplici ambiti.
Con un brand personale forte, puoi:
- Aumentare la visibilità nella tua azienda.
- Dare maggiore fiducia a datori di lavoro e colleghi.
- Trovare nuovi clienti o partner.
- Rafforzare i legami con i clienti esistenti.
#7. Il Personal Branding funziona solo per chi ha molti soldi
Si pensa che si possa fare Personal Branding solo disponendo di un budget consistente. In realtà chiunque può farlo se desidera aggiungere valore al proprio percorso professionale.
Se ad esempio stai avviando la tua carriera e non puoi investire in un professionista esperto, puoi iniziare in maniera autonoma seguendo dei corsi online: ce ne sono per tutte le tasche. Per non parlare delle tantissime risorse gratuite disponibili in circolazione.
#8. Il Personal Branding riguarda solo te
Altro pregiudizio assai diffuso. In realtà, il Personal Branding riguarda soprattutto le persone che puoi raggiungere e su cui aver un impatto positivo.
Tuttavia, le strategie coinvolgono te, perché sei l’unica variabile che puoi cambiare.
#9. Il Personal Branding altera la realtà per farti sembrare più interessante
Mi interrogo spesso sull’eccesso di contenuti filtrati e alterati che circolano in rete, ma il Personal Branding non consiste nel photoshoppare una versione di te stesso o condividere tutti i momenti della tua vita.
Al contrario, è un processo di allineamento tra la tua identità e la percezione che gli altri hanno di te.
#10. Cosa non è il Personal Branding
Per essere chiari, il Personal Branding non è:
- Gestione della carriera.
- Gestione d’immagine.
- Gestione dei social media.
- Una strategia per ottenere follower.
- Vendere una versione falsa di te stesso.
In sintesi, è la gestione del tuo brand personale per generare valore attraverso chiarezza, coerenza e costanza.
Conclusione:
Spero di aver esplorato in modo esaustivo il lato oscuro del Personal Branding, dei pregiudizi che magari hanno toccato anche te, e di aver risposto ad alcune delle domande più comuni:
- Il Personal Branding rende le persone meno umane?
- Serve solo a nascondere i problemi?
- Gonfia solo l’ego?
- È inutile senza risultati?
- Nessuno si interessa a te?
- Funziona solo per chi ha soldi?
- È solo per trovare lavoro?
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Sono Valentina Gherardi e mi occupo di Strategia Personal Branding: metto in luce la tua identità professionale, definisco messaggio, strategia, e percorso operarivo per farti acquisire autorevolezza e giusto posizionamento nel tuo settore. Se vuoi entrare in contatto con me, scrivimi quì!