Se il personal branding riguarda la capacità di un individuo di influenzare il proprio pubblico e farsi percepire come la persona giusta per risolvere un determinato problema, la reputazione tocca una dimensione più ampia, quella del ruolo che la persona ricopre nella società e nel contesto in cui opera.
Costruirsi una buona reputazione equivale a essere riconosciuti come persone affidabili, etiche, competenti e coerenti con i propri valori.
Non solo persone: la reputazione dell’impresa
Ma non è solo il singolo a doversene occupare; in questi anni ho compreso quanto, la gestione della reputazione da parte dell’azienda, sia importante. La corporate reputation è, infatti, la somma di scelte, azioni e comportamenti messi in atto nel tempo e di come vengono percepiti da chi ha interesse nei confronti dell’organizzazione. Non a caso, sempre più imprese investono nella salvaguardia del loro buon nome.
Basti pensare alla pubblicazione dei bilanci di sostenibilità, alla valorizzazione interna delle persone, alle pratiche di governance responsabile o alle iniziative sociali. L’obiettivo dovrebbe essere quello di preservare la reputazione non solo nel breve, ma soprattutto nel lungo periodo, allineando costantemente management e comportamenti alle aspettative degli stakeholder.
I dati della ricerca The CEO Reputation Premium
La ricerca The CEO Reputation Premium conferma il legame tra leadership e reputazione aziendale; l’analisi offre alcuni dati interessanti:
Il 45% della reputazione aziendale è attribuito direttamente alla reputazione del CEO. La stessa percentuale (circa il 44%) vale anche per il valore di mercato percepito dell’impresa. Metà degli executive intervistati prevede che l’impatto della reputazione del CEO sulla reputazione aziendale aumenterà ancora nei prossimi anni; tendenza che effettivamente trova conferma in questo 2025.
Reputazione interna ed esterna
Ma non si tratta solo di percezioni esterne, perchè la reputazione interna conta quanto quella pubblica: eppure, solo il 30% dei dirigentidichiara che il proprio CEO gode di una reputazione molto forte all’interno dell’organizzazione.
E quando i CEO riescono a distinguersi, i tratti che fanno la differenza sono sempre gli stessi: fiducia, etica, consapevolezza di ciò che accade in azienda, trasparenza, assenza di scandali.
I driver principali della CR
Sempre secondo lo stesso report, i fattori che incidono maggiormente sulla reputazione aziendale sono la qualità dei prodotti e dei servizi (66%), la performance finanziaria (57%), l’importanza dell’industria in cui l’azienda opera (50%). la reputazione del CEO (49%), gli sforzi di marketing e comunicazione, CSR e opinione dei dipendenti con percentuali minori ma comunque significative.
Il ruolo della visibilità pubblica del CEO
Un altro dato molto interessante e che non si può trasurare è che per l’81% degli executive è importante che il CEO abbia un profilo pubblico visibileperché l’azienda sia considerata altamente credibile.
Ecco quindi che tra le attività più efficaci per rafforzare la reputazione esterna emergono la partecipazione a conferenze di settore, l’accessibilità ai media, la pubblicazione di insight su trend rilevanti, la visibilità sul sito aziendale, profilo Linkedin adeguato al ruolo, fino all’impegno nella comunità locale.
Il continuum intenzionale
Andando a chiudere il cerchio e lettura di questi dati, credo che la reputazione personale del leader e la reputazione aziendale siano due facce della stessa medaglia. Perché se un CEO autorevole e coerente può realmente rafforzare l’impresa, un leadercon un attitudine opposta può comprometterla in tempi rapidissimi.
Il periodo attuale vede sempre di più personal branding e corporate reputation in un continuum intenzionale, dove curare l’uno significa rafforzare l’altra; una sorta di circolo virtuoso che consolida fiducia, attrattività e valore nel tempo.
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Sono Valentina Gherardi e mi occupo di consulenza strategica in Personal Branding per imprenditori, CEO e figure apicali.
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