Ho sempre pensato a Jeff Bezos come visionario razionale. Quello che non si lascia andare agli eccessi, che parla poco ma lavora tanto, che costruisce imperi pensando al lungo termine. Uno che, per capirci, ha reso celebre il mantra: “It’s always Day One”. Poi, qualcosa si è incrinato.
Negli ultimi mesi, il suo personal brand, sviluppato con una coerenza quasi chirurgica per oltre vent’anni, sta mostrando le prime crepe, a causa di una disconnessione tra quello che diceva di essere e quello che sta comunicando oggi.
Bezos si è sposato (di nuovo) con una cerimonia sontuosa a Venezia. Un evento da rivista patinata, che ha lasciato più di qualcuno perplesso. Non tanto per la cifra spesa, che in fondo sono anche affari suoi, ma per l’incoerenza con l’uomo che fino a ieri, parlava di essenzialità, rigore, lungo termine e impatto. Nel frattempo, Amazon licenzia migliaia di dipendenti e il clima sociale è tutt’altro che da honey moon.
Cosa non sta funzionando
Bezos è sempre stato bravo a tenere insieme quattro elementi forti della sua identità:
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Visione a lungo termine
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Comunicazione sobria
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Rigore strategico
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Filantropia ragionata
Oggi, però, questi elementi si stanno disallineando. In particolare, ci sono quattro fratture che, dal mio punto di vista, stanno trasformando uno dei personal brand più solidi al mondo in un caso di studio su come non gestire la propria reputazione:
1. Erosione del posizionamento competitivo
La differenziazione narrativa costruita sul long-term thinking sta andando alla deriva, con un brand che si sta spostando verso un territorio valoriale già saturo: quello del “ricco esibizionista”. Il rischio da un punto di vista puramente strategico è quello della perdita di unicità competitiva e scivolamento verso la commodity reputazionale.
2. Incoerenza tra promessa di marca e realizzazione
La filantropia strategica (Washington Post, Bezos Earth Fund) viene neutralizzata da azioni percepite come ostentazione pura. L’impatto sui KPI reputazionali: le donazioni richieste agli invitati del matrimonio risultano di facciata rispetto all’investimento nell’evento.
3. Crisi dell’autenticità di brand
Le critiche di opinion leader del calibro di Charlize Theron (“Gross”, “tacky”, “completely disconnected”) indicano un problema di perceived authenticity. Effetto boomerang: quando i fatti contraddicono palesemente il racconto, l’autenticità percepita crolla esponenzialmente.
4. Frammentazione dell’identità di marca
Bezos sta occupando simultaneamente due territori comunicativi incompatibili: leader istituzionale vs. jet set personality. Problema di brand architecture: mancanza di un ponte narrativo credibile tra i due posizionamenti.
Quando le tempistiche diventano un arma a doppio taglio
Il personal branding vive di percezione; e la percezione è sempre figlia del contesto. Nel caso di Jeff Bezos, la scelta di celebrare un matrimonio da 50 milioni di dollari nel 2025 rappresenta un case study perfetto di come il contesto socio-economico possa trasformare un evento privato in una catastrofe reputazionale.
Inoltre, mentre l’economia globale oscilla tra inflazione, licenziamenti di massa e incertezza geopolitica, Bezos sceglie di comunicare eccesso e ostentazione. Il contrasto percettivo è devastante perché da una parte abbiamo migliaia di lavoratori Amazon licenziati per ottimizzazione dei costi, dall’altra osserviamo un matrimonio che è costato quanto 1.000 stipendi annuali medi americani.
La sensibilità al contesto è quindi strategia, dove ogni messaggio viene interpretato dal pubblico attraverso il filtro del momento storico. Qui c’è stata la dimostrazione di una cecità preoccupante, trasformando quello che avrebbe potuto essere un evento privato in un simbolo di disconnessione dalle masse.
Okay, allora da dove riparte il brand management?
Quando la reputazione vacilla, non serve correre ai ripari con comunicati stampa o gesti plateali. Serve fare ordine. Ecco come si può (e si dovrebbe) intervenire:
Prima di tutto, nell’immediato che va dai 0 ai 6 mesi, bisogna capire dove si è perso il filo. Magari facendo una mappatura delle incoerenze narrative, adottando un riallineamento tra comunicazione pubblica e brand values e riducendo la visibilità non strategica.
Nel medio periodo, invece, serve una visione. Ripensare la direzione, coinvolgere chi ti stima davvero, misurare il feedback implementando dei KPI specifici per misurare la brand equity. Non si ricostruisce tutto in un giorno, ma ogni giorno può essere un mattone.
Arrivando al lungo periodo, nient’altro che coerenza e pazienza. I contenuti giusti, nel tempo, possono riportarti dove meriti. Ma devono essere autentici, sostenibili, costruiti con cura.
La lezione per tutti noi
Il caso Bezos è un promemoria di quanto sia fragile l’equilibrio reputazionale quando l’ego prende il sopravvento sulla strategia. Non serve essere un ultra-miliardario per compromettere la propria reputazione; basta una comunicazione disallineata, un comportamento incoerente, una scelta sbagliata al momento sbagliato. E tutto il resto, ça va sans dire.
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Sono Valentina Gherardi e mi occupo di Strategia Personal Branding. Vuoi migliorare la tua comunicazione online per raggiungere il posizionamento che desideri? Contattami per una consulenza personalizzata, scrivendomi quì!